SILVIA CONTI

Da quel singolo “L’incrocio del diavolo” di sfacciati classicismi blues che ha rotto un poco i silenzi della pandemia, improvvisamente il lavoro della cantautrice toscana ha preso derive rock assai ruvide, roots, americane. Nasce così quello che lei stessa definisce un altro disco, lontano dalle previsioni iniziali di suono e di forma. Tantissime le citazioni, caratteristica che si rende evidente sin dall’immagine di copertina, citazioni che colorano ogni brano, disseminate ovunque, quasi una gara nel saperle rintracciare tutte. E poi le tematiche: dalla condizione femminile all’intelligenza emotiva, dal bullismo all’accoglienza, senza, ovviamente, emettere nessuna sentenza od offrire soluzioni ma cercando una partecipazione collettiva che, sfortunatamente, è sempre più difficile da incontrare. Si intitola “Gli anni sprecati” libro scritto dal padre di Silvia Conti nel 1989 e che troverà finalmente la pubblicazione in concomitanza proprio con l’uscita di questo suo nuovo disco di inediti. Per quanto siano due opere che avranno una vita distinta l’una dall’altra, sono comunque mondi ed espressioni artistiche unite da una stessa sostanza: ovvero uno sguardo sul mondo e sull’umanità che lo abita. Tante le connessioni come accade nel brano “Inverno 1944 (Mačkatica)”, direttamente ispirato a uno degli episodi raccontati nel libro. Sul fondo della tracklist, troveremo una personale versione di “Bella Ciao” Non è solo la conclusione di tutto l’ascolto ma è anche e soprattutto la conclusione del percorso umano di entrambi, di un padre e di sua figlia… il percorso di due partigiani.

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DISCOGRAFIA